Nota agli associati
La normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane (da ultimo il dpcm 4 marzo 2020) prevede che chiunque negli ultimi 14 giorni abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico, nonché nei comuni della cosiddetta “zona rossa”, debba comunicarlo alla azienda sanitaria territoriale, anche per il tramite del medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti, come ad esempio l’isolamento fiduciario.
Il Garante Privacy, intervenendo sull’argomento, ha chiarito che i soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti a tale compito non sono legittimati a raccogliere informazioni circa la presenza di sintomi da coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, come misura di prevenzione dal contagio. Analogamente, i datori di lavoro non sono legittimati ad acquisire una “autodichiarazione” da parte dei dipendenti in ordine all’assenza di sintomi influenzali, e vicende relative alla sfera privata.
I datori di lavoro devono quindi astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa.
La finalità di prevenzione dalla diffusione del coronavirus deve infatti essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato.
L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate.
Resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. In tale quadro, il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a comunicare, ove necessario, di provenire da un’area a rischio. Permangono altresì i compiti del datore di lavoro relativi alla necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti.
Nel caso in cui, nel corso dell’attività lavorativa, il dipendente che svolge mansioni a contatto con il pubblico venga in relazione con un caso sospetto di coronavirus, lo stesso, anche tramite il datore di lavoro, provvederà a comunicare la circostanza ai servizi sanitari competenti e ad attenersi alle indicazioni di prevenzione fornite dagli operatori sanitari interpellati.
Il Garante invita quindi ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute di utenti e lavoratori che non siano normativamente previste o disposte dagli organi competenti.
In allegato il parere del Garante Privacy