La tassa rifiuti TARI continua a rappresentare per le imprese del nostro territorio un peso insostenibile e spesso ingiustificato, se si considerano le iniquità che lo caratterizzano. Dai dati raccolti dal portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it si conferma il peso eccessivo della Tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese nonostante l’emergenza da Covid-19 abbia obbligato molte attività a chiudere e nonostante si sia registrata nel 2020 una contrazione del Pil di quasi 9 punti percentuali, con conseguente riduzione di consumi e di rifiuti.
A livello nazionale è stato quantificato un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente, calo che, in ogni caso, assorbe anche la produzione di dispositivi anti Covid (sostanzialmente mascherine) trattati come rifiuti indifferenziati. Nonostante questo calo della produzione dei rifiuti, l’ammontare complessivo della Tari è rimasto elevato attestandosi, nel 2020, su valori analoghi a quelli del 2019 (circa 9,73 miliardi di euro). L’ARERA, l’autorità che ha assunto funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti urbani, aveva stabilito che nel corso del 2020 sarebbe dovuta diventare operativa l’adozione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) incentrato sulla trasparenza e sull’efficienza dei costi del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, che avrebbe dovuto generare un abbattimento delle tariffe. Ma solo il 21% dei Comuni ha recepito l’indicazione dell’ARERA e in questo sottoinsieme, nel 58% dei casi il costo della TARI risulta addirittura in aumento per un valore medio del 3,8%. Nei Comuni che hanno impostato il nuovo metodo tariffario ARERA, in sostanza, non si sono registrate le contrazioni della spesa attese né un efficientamento dei costi.
In Molise il costo medio pro capite è quello che in Italia ha avuto l’aumento maggiore tra il 2019 e il 2020 pari al 3,9%, insieme a Liguria (+2,5%) e Marche (+1,7%), pur continuando a mantenere nel confronto tariffario (Tariffe al mq. per le singole categorie produttive) una media regionale al di sotto di quella nazionale. Per quanto riguarda il nostro territorio la Tari pro capite 2020 a Campobasso cresce di quasi 10 euro rispetto al 2019 (154 euro contro i 144,85), con una differenza percentuale pari al 6,60%. Stabile (con una leggera riduzione) a Isernia con una Tari pro capite 2020 pari a 97 euro, rispetto ai 97,44 euro dell’anno precedente.
Confermati anche i divari di costo tra medesime categorie economiche, sempre a parità di condizioni nelle due province molisane. In particolare si evidenzia come a Campobasso rispetto a Isernia tutte le categorie siano quelli più sofferenti, in particolare per gli alberghi con o senza ristorante, negozi di abbigliamento, calzature, ferramenta e cartolerie, fino ai supermercati, alimentari, rosticcerie e panifici.
La gran parte dei Comuni capoluogo di provincia continua a registrare una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni e anche il nostro territorio conferma il trend, in particolare a Campobasso che evidenzia uno scostamento di 1,7 milioni di euro. Nel capoluogo regionale infatti il fabbisogno standard (media) è di circa 5,9 milioni di euro rispetto ai 7,6 milioni censiti (+29,06%) con una raccolta differenziata ferma al 12,92%. Diversa la situazione ad Isernia dove lo scostamento è negativo per 442 mila euro con un fabbisogno standard pari a 2,5 milioni di euro, a fronte di 2,1 milioni di euro censiti e una raccolta differenziata pari al 50,13%. Lo scostamento tra il costo della TARI e i fabbisogni standard, ovvero le necessità finanziarie di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione stimate dal SOSE, misura la virtuosità (o meno) di un capoluogo.
Sul fronte degli interventi posti in essere dall’Arera con la delibera n. 158 del 5 Maggio 2020 per ridurre la parte variabile della tassa tenuto conto della minore produzione dei rifiuti legata alla sospensione delle attività produttive per il COVID-19, pochi e, talvolta, contraddittori sono stati i risultati raggiunti. L’obiettivo della delibera era quello di indurre i Comuni al pieno ed integrale rispetto del principio europeo “chi inquina paga”: tale principio sarebbe dovuto essere il pilastro che avrebbe dovuto guidare l’azione degli enti locali nel rideterminare le tariffe in considerazione del particolare periodo storico e degli effetti prodotti dall’emergenza epidemiologica sulle attività produttive. A dispetto della delibera dell’Autorità, i dati esaminati evidenziano come, a livello nazionale, il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate, mentre il 17% le ha diminuite e il 23% addirittura aumentate. Poco o nulla è stato fatto rispetto a quelle attività che sono rimaste aperte ma che, a seguito degli orari di attività ristretti, dei contingentamenti e della minor propensione dei cittadini a uscire e consumare, hanno registrato cali di fatturato significativi. Auspichiamo che su questi aspetti si possa intraprendere un dialogo costruttivo con entrambi i comuni capoluogo di provincia. Servono infatti interventi strutturali affinchè venga recepito il nuovo metodo tariffario determinato dall’Arera, vincolando la Tari al rispetto del principio europeo “chi inquina paga”.
Ma servono anche misure emergenziali, visto il perdurare della diffusione epidemiologica da Covid-19. Chiediamo allora che siano esentate dal pagamento della Tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario. Analoghe misure dovranno essere riconosciute in favore di tutte quelle altre imprese che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato – e, quindi, dei rifiuti prodotti – a causa della contrazione dei consumi.